10. L'attimo fuggente

05.12.2013 04:00

Torniamo nella Hall.  A Roma.  Ricorderete, spero, che siamo nel Giugno 2013. 

Riccardo non ci doveva andare.  Non amava andare ai Congressi, secondo lui una perdita di tempo dove si mangia e si spettegola.  Ma quella volta sorprese un pò tutti.  Insistette per accompagnare Macchi al Congresso Internazionale di Roma, anche a costo di pagarselo da solo.  Macchi all’inizio si oppose ma poi gli disse sì, pur di levarselo di torno. 

Riccardo scelse all’ultimo momento un albergo diverso da quello del congresso, più economico.  Si trovava nella Hall e consultava il tablet.  La vide da lontano.  Riconobbe i capelli ricci.  Tremò.  Era proprio lei.  Colette.  Stava lì alla reception a discutere con l’addetto.  Accanto a lei un uomo alto ed un bambino.  Avenario si avvicinò.  Colette lo riconobbe e fece finta di non vederlo.  Si erano lasciati in malo modo, tanto tempo fa, e lei non sapeva che fare.  Riccardo superò l’imbarazzo ed iniziò a parlare.  Il suo grande amore.  Non pensava che potesse fargli ancora male.  Louis lo notò ed avrebbe volentieri approfondito l’argomento, se non avesse avuto le sue grane.  Avenario quasi li costrinse a sedere per un attimo nella Hall e ordinò per tutti.  Erano sconvolti, non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di un genio come Riccardo per capirlo.  Chiese che ci facessero lì.  Non dissero molto ma era chiaro che avevano un grosso problema.  Avenario era perplesso.  Colette avrebbe voluto spiegargli qualcosa, dopotutto era stata con lui, inoltre quell’uomo era un talento, nonostante il caratteraccio che ricordava bene, ed avrebbe potuto aiutarli.  Colette guardò Louis, ma Louis non era convinto e le disse che si era fatto tardi, dovevano andare.  Colette in fretta strinse la mano a Riccardo e lo salutò.  Si accorse che il braccio di Avenario tremava.  E anche il suo.  Da lontano, Riccardo insisteva “per favore…”.  Li inseguì, lui che non era così intraprendente, e disse a voce la sua mail.  Se avesse potuto fare qualcosa, lo contattassero in qualunque momento… Louis afferrò Colette e Johnny e i tre scapparono via.  Colette si voltò indietro un’ultima volta. 

Riccardo li guardò sparire in mezzo ai turisti.  Prese un fazzoletto di carta e si asciugò gli occhi.  Un moscerino, diceva a se stesso. 

 

I Robinson andarono alla Stazione in taxi.  Da allora in avanti non avrebbero utilizzato carte di credito, né viaggiato in aereo, né avuto contatti con gli Stati Uniti.  Qualcuno voleva impedire che le ricerche del Professore venissero divulgate, a qualunque prezzo.  Avevano poco tempo. 

Viaggiarono in treno fino a Brindisi.  Da lì raggiunsero via mare prima Patrasso, poi Creta, infine Santorini.  Pernottarono sui ponti delle navi per evitare registrazioni in alberghi.  Johnny quasi sempre in braccio a Colette non perdeva occasione per posare la testolina ciondolante sulla spalla della madre.  Proseguirono via mare per Chio fino alla meta: Smirne, in Anatolia.  Lì c’era un amico di Colette, compagno di libri e bottiglie durante gli anni di Parigi.  Tra loro c’era la solidarietà che unisce gli studenti il giorno degli esami, quando con lo stomaco bloccato fanno l’ultima ripetizione pochi minuti prima di sedersi col professore che ne ha bocciati sette di fila. 

Samir, questo era il nome, era corrispondente di un quotidiano di Istanbul.  Colette ricordava di averlo incontrato l’ultima volta cinque anni prima.  Non si sentivano da almeno due anni ma lei sapeva che lui l’avrebbe accolta come se si fossero lasciati un’ora prima.  Si augurava di trovarlo a Smirne, ma non poteva avvertirlo in anticipo. 

Louis aveva deciso di divulgare la notizia al più presto.  Niente siti internet, attaccabili e ripulibili.  Meglio una conferenza-stampa internazionale.  Una volta annunciata al mondo l’esistenza dell’Homo incognitus, i pericoli si sarebbero azzerati.  Uno scoop del genere avrebbe scatenato reazioni così violente da zittire i nemici.  Restava da scegliere chi dovesse divulgare la notizia.  Decise Colette.  Scelse la Turchia perché c’era Samir, e scelse Samir perché era il migliore. Ed il più fidato.  Ricordava quando quell’omaccione discuteva delle differenze tra un cronista sportivo ed uno di nera mentre si grattava la grossa pancia con una mano e si passava l’altra sul codino unto. 

 

Quando ad inizio luglio del 2013 arrivarono a Smirne era pomeriggio e faceva caldissimo, ma c’era una leggera brezza che risvegliò perfino Johnny.  Colette telefonò da una cabina a Samir.  Che fortuna.  Lo beccò quasi subito.  Samir restò di stucco.  Pensieri teneri e non solo.  Si allungò sulla poltrona dell’ufficio e sollevò i piedi sulla scrivania.  C’era sotto qualcosa di grosso, solo un motivo eccezionale avrebbe spinto una come Colette ad un’improvvisata del genere. 

Samir non volle parlare per telefono.  Diede un appuntamento e dopo mezz’ora era già lì.  Esuberante come sempre, abbracciò Colette, ma anche Louis e Johnny che non aveva mai visto in vita sua.  Li portò a prendere un raki in un bar lì vicino, il bar di un suo amico di sbronze e puttane.  Li ascoltò.  Ci vollero tre raki.  Era entusiasta della storia e lo dava a vedere.  Avrebbe subito scritto un articolo fortissimo per il grande pubblico.  Avrebbe anche organizzato una grandiosa conferenza-stampa internazionale.  Chiese senza cerimonie il dischetto a Louis.  Non era una richiesta da poco, si trattava dell’ultima copia rimasta e il destino dei Robinson era legato a quel pezzo di plastica. 

Louis non ebbe esitazioni.  Dovevano fidarsi di quel tipo corpulento, sudaticcio e dalla fronte larga come un’autostrada.  Gli sembrò istintivamente la persona giusta.  Si era reso conto del perché Colette avesse pensato a Samir, e realizzò che ancora una volta, come sempre, sua moglie aveva avuto ragione. 

Il turco decise di mandare Colette, Louis e Johnny lontano da Smirne per qualche giorno.  L’amico Akan aveva un complesso turistico in una baia ad est di Antalya.  Li avrebbe sicuramente ospitati in uno dei suoi cottage.  Senza domande.  

 

Quella notte stettero da Samir.  Johnny e Colette dormirono nel grande letto, dopo aver cambiato le lenzuola sudicie di forfora e chissà che altro.  C’erano pure una stanzetta con un lettino e un salone con un divano scomodo.  Samir offrì il lettino ad Louis, Louis per cortesia rifiutò.  Alla fine Samir si coricò nella stanza e Louis alla men peggio sul divano.  Dopo un minuto erano già tutti crollati in un sonno senza sogni come la morte.  La mattina seguente erano riposati, e, quasi quasi, rilassati. 

 

Samir li mise su un pullman per Antalya.  Johnny in piena forma non stava fermo ed indicava ogni albero del paesaggio lungo il finestrino, così differente dalle distese erbose della Florida. 

Arrivarono ad Antalya.  Clima mite.  Euforici.  L’aria evanescente cadeva nel mare e si confondeva con il tremolio dell’orizzonte.  Gli fu dato un bungalow su una spiaggia impalpabile.  Akan ordinò di mettersi il costume e rilassarsi.  Al bambino, abituato alle acque gelide dell’oceano, non parve vero di sguazzare nel brodo tiepido.  Padre e figlio lottarono per una palla rossa e blu mentre Colette con un bikini mozzafiato li guardava divertita.  

Quella sera Louis, al quale Akan aveva fornito un tablet ed una connessione sicura, ebbe una pessima sorpresa dai notiziari online della BBC.  Il Professore era morto.  Un incidente d’auto durante un trasferimento da Lione a Marsiglia.  La stessa mattina della loro partenza per Roma.  Louis e Colette piansero in silenzio.  Il dolore per Raymond si mescolò all’angoscia per il futuro.  Johnny li osservava. 

Ma Colette era una donna concreta e decise che dovevano stare tranquilli, con le buone o con le cattive.  La mattina se ne andava in spiaggia con Johnny, armati lei di crema abbronzante e lui di salvagente, mentre Louis se ne stava nel bungalow a gambe aperte sul tablet.